4 febbraio 2010
sentimenti
COMUNITA': COSA ABBIAMO PERDUTO (I)
Oggi mi va di parlare di qualcosa che, di tanto in tanto, mi torna alla mente, riemergendo dai suoi spazi profondi in cui, troppe volte, ricacciamo alcuni ricordi come se non fossero importanti. Sono nato in un paesino dell'appennino lucano, quasi 47 anni fa... credo di avere, dunque, un'età tale da aver vissuto certe situazioni che, probabilmente, erano già prossime alla fine, ma che ancora insistevano, almeno in una piccola comunità che non è mai arrivata a duemila anime. Faccio una piccola premessa: ho ancora una nonnina! E' una vecchietta che ha compiuto 90 anni da poco... e che, ancora oggi, va regolarmente in campagna ad occuparsi di quei piccoli animali da fattoria, tipo polli e conigli, e di un orto che, quotidianamente, con la bella stagione fornisce prodotti sani e coltivati secondo metodi tradizionali... non ho usato il termine "biologico" (termine molto in voga attualmente) perché, ad essere sinceri, mia nonna ha sempre usato il metodo biologico: l'agricoltura tradizionale di secoli! Terreni neppure lontanamente contaminati da concimi chimici o, peggio, fitofarmaci; messa a riposo di quei pezzettini di terreno che avevano prodotto per qualche anno e che necessitavano di rigenerarsi; semina di quei prodotti caratteristici del luogo (indulgendo, talvolta, in esperimenti di produzione di prodotti, magari, non autoctoni: penso, ad esempio, alla semina di piante di pomodoro san marzano che, talvolta, si è divertita ad attuare). Il tutto, cari amici, va a rifornire le famiglie di tutti i suoi figli... tra i quali mia madre. A cosa mi è servita questa premessa? Semplicemente a far capire che, in alcuni piccoli spaccati di questa nostra regione, ancora esiste un modo di fare e di sentire che chi ha avuto la fortuna di viverlo in prima persona non può non apprezzare alla grande. E dato che il sottoscritto, per lavoro (ma anche per svago) si muove e si è mosso attraverso la quasi totalità della regione, direi che non è infrequente imbattersi in realtà simili a quella che ho descritto. Dove voglio andare a parare? Beh, un'altra cosetta non da poco che riemerge dagli abissi della mia memoria, è quel clima (che ho vissuto in prima persona per i primi sei anni della mia vita, avendo abitato nel paesino fino al momento di andare a scuola) di Comunità molto vivo! In che senso? Beh, sto parlando di una consapevolezza, da parte di ognuno degli abitanti del paesino, di essere parte di un sentire e fare comune, di condivisione di tutto che io considero, appunto, il "Senso di appartenenza ad una Comunità"; un sentirsi membri sì distinti, ma di un corpo unico. Certo, esistevano diatribe, rivalità, invidie e rancori! Ma tutto questo veniva considerato fisiologico. I notabili del paese avevano, comunque, un grande rispetto anche per il più umile dei membri della comunità. Più volte ho visto il medico condotto del paese correre da un punto all'altro del borghetto per aiutare tutti, indistintamente... magari consapevole del fatto che chiunque altro della comunità avrebbe fatto lo stesso per lui in qualsiasi situazione di difficoltà si fosse venuto a trovare. Ma anche, ad esempio, vedere gruppi che coltivavano rancori o frizioni da anni, per antichi "sgarri" o anche per incomprensioni mai "sanate", sotterrare l'ascia di guerra in occasioni di lutti (o anche lieti eventi) che piombavano addosso ai, chiamiamoli così, clan nemici. L'appartenenza alla comunità, prima di tutto; poi tutto il resto. Quante volte mi è capitato, passando i miei pomeriggi a casa di mia nonna, di vedere un viavai di gente che entrava in casa per un saluto, o una visita di cortesia o per un "soccorso"... che so, uno spicchio d'aglio che mancava in casa, una bottiglia di vino o d'olio, un gambo di sedano e via di questo passo. Tutte cose che, a raccontarle ora, sembrerebbero fatti lontanissimi da quello che è il nostro modo di pensare e di agire. Pensiamo ai nostri mega condomini: a volte non conosciamo neppure le facce di chi abita a pochi metri da noi! Siamo rintanati nelle nostre case, protetti dal mondo esterno come se il mondo esterno non ci appartenesse. Ecco, uno dei tanti ricordi che sono riemersi in queste ore dagli anfratti profondi della mia memoria, mi ha lasciato un po' d'amaro in bocca. E, tutto sommato, ti accorgi di come la chiusura a riccio rimanga forte anche in una realtà come Facebook dove, almeno concettualmente, dovrebbe essere differente: perché si tratta di una "piazza" virtuale dove ciò che hai messo in condivisione, in fondo, dovrebbe appartenere alla comunità degli amici che ti sei scelto. Invece, talvolta, ti senti un "intruso" in casa d'altri anche se la tua intenzione era soltanto quella di lasciare un saluto, una traccia del tuo passaggio e dell'appartenenza alla comunità "virtuale". Perdonate queste mie divagazioni, ma ho una grande voglia di poter rivivere quelle sensazioni che ho descritto in questo mio post. Ma, per ora, non ho più voglia di continuare. Diciamo che ci sentiamo presto con altre considerazioni di questo genere. Alla prossima!
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| inviato da Nathan 2000 il 4/2/2010 alle 12:0 | |
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